La pertica des Carthaginois de la constitution au démembrement (Ier siècle a.C.-IIIe siècle p.C.), Sassari 2024, ISBN 978-88-942506-6-4. Textes reunis par Samir Aounallah.


Questo quarto volume all’interno della Collana “Le Monografie della SAIC” (LMS) comprende l’edizione finale degli Atti della tavola rotonda tenutasi a Teboursouk nello storico Hotel Thugga, presidio di ospitalità per le tante missioni tuniso-italiane (Uchi Maius, Thignica e Numluli) e tuniso-francesi (Dougga). Dedicato a La pertica des Carthaginois de la constitution au démembrement (Ier siècle a.C. – IIIe siècle p.C.), l’incontro si è svolto tra il 27 e il 28 novembre 2021 per iniziativa dell’Institut National du Patrimoine (INP), della Scuola Archeologica Italiana di Cartagine (SAIC) e dell’Association historique et archéologique de Carthage (AHAC), con la partecipazione dell’Ambasciatore d’Italia Lorenzo Fanara. I testi presentati da 14 autori sono stati raccolti da Samir Aounallah con una nuova presentazione di Paola Ruggeri e una profonda revisione di Rosana Pla Orquín; le conclusioni sono di Frédéric Hurlet.

Emergono ora una serie di novità sul territorio della colonia Concordia Iulia Carthago sintetizzate nella carta topografica finale (curata da Samir Aounallah e Haythem Habidi) relativa alle tre pertiche d’Africa in epoca giulio-claudia: Cartagine, Sicca Veneria e Cirta. Nello specifico, il territorio della capitale africana nell’età tardo-repubblicana e agli esordi dell’impero appare quanto mai complesso dal punto di vista culturale, antropico, economico ed istituzionale, un vero e proprio banco di prova per l’amministrazione romana uscita da una lunga e difficile fase di controllo di quell’area, a partire dagli anni successivi alla distruzione di Cartagine del 146 a.C. e dalla Guerra Giugurtina.

A livello epigrafico abbiamo un’unica attestazione della pertica Carthaginiensium, in un’iscrizione di Thugga dell’epoca di Traiano con una dedica effettuata per volontà del consiglio dei decurioni della città di onorare un senatore [de]fensor immunitatis perticae Carthaginiensium, difensore, presso l’amministrazione imperiale, dell’immunità fiscale del territorio di Cartagine evidentemente messa in pericolo: la minaccia all’immunitas proveniva dalla volontà dei cives Romani della civitas di Thugga desiderosi di realizzare la fusione in un’unica comunità con i cittadini del pagus, al fine di superare l’ingiustizia fiscale ? Oppure la minaccia proveniva dal senato della colonia di Cartagine ? In alternativa dai procuratori e dai responsabili dei saltus imperiali limitrofi alla civitas Thuggensis ? Certo il degrado e il rovesciamento dei cippi di confine che delimitavano le proprietà imperiali -si conoscono quelli di Jebel Chedid- avrebbero provocato lo sconfinamento nei terreni della civitas e del pagus di Thugga, mettendo dunque a rischio l’immunitas. In questo frangente il governatore avrebbe ascoltato e accolto le proteste dei Thuggenses, che inviarono a Roma una legatio, per difendere i loro interessi nella disputa. Attraverso queste pagine assistiamo alla progressiva trasformazione interna della pertica, ovvero dei grandi territoria assegnati alla colonia.

Il dibattito a più voci ha visto susseguirsi gli interventi di Michel Christol, Ali Chérif e Riadh Smari, Hernán González Bordas, Salem Mokni, Samir Aounallah e Louis Maurin, Attilio Mastino, Paola Ruggeri, Pauline Cuzel, Rubén Olmo-López, Christophe Hugoniot, Lotfi Naddari, Frédéric Hurlet.

Tra i temi più attuali: la carriera di M. Caelius Phileros, liberto di M. Caelius Rufus e il cippo confinario di Uchi Maius, il percorso della Fossa Regia ancora in età vespasianea, le proprietà senatorie e imperiali a ovest della pertica Carthaginiensium in particolare il saltus Neronianus. La pertica Carthaginiensium ci appare ora come un universo composito, grazie agli stanziamenti coloniari di epoca augustea seguiti da un flusso di popolazioni: per i cittadini romani le provenienze possono essere ipotizzate attraverso l’indicazione delle tribù e molti altri elementi che testimoniano una significativa mobilità entro il territorio della colonia, con l’arrivo anche di veterani; il rapporto tra popolazioni locali e colonizzazione romana (con coesistenze, attriti e discordie) si sostanziava spesso nelle soluzioni di tipo giuridico che venivano adottate dal potere centrale romano, partendo dalla nascita della provincia cesariana dell’Africa Nova e poi della Proconsolare augustea. Nella vallata del Bagradas possiamo osservare la presenza di incolae (Africani peregrini), di cittadini della colonia di nuova fondazione: comunità locali (civitates, pagi) presso le quali venivano insediati dei coloni (cittadini romani), talora trasferiti in quelli che Plinio il Vecchio chiamava oppida civium romanorum. Le ragioni del successo di questi insediamenti risiedevano nelle favorevoli condizioni ambientali e nella ricchezza idrografica del territorio, capaci di assicurare condizioni di vita ottimali ai nuovi abitanti romani. Conosciamo una casistica che esprime una varietà di situazioni istituzionali e giuridiche. Thugga, Thignica ed Uchi Maius rappresentano veri e propri casi di studio per lo stato di conservazione dei siti, per la ricchezza della documentazione epigrafica, per gli studi numerosi dalla concessione dell’immunitas alle terre assegnate ai Thuggenses; il castellum di Gaio Mario ad Uchi Maius dopo la fine di Giugurta, il pagus civium Romanorum di Augusto, la città controllata da Cartagine nel II secolo, e la riconquista della libertas nel 230 d.C.: si tratta di fasi che segnano una profonda riorganizzazione delle proprietà fondiarie in rapporto alla produzione agricola. L’arco di Uchi Maius fu costruito ad [aeter]num testimonium riciperat[ae l]ibertatis, con allusione ai vantaggi ottenuti dagli Uchitani e alla totale assenza di rimpianti per il periodo durante il quale la città fu aggregata alla pertica della capitale. La civitas bipartita di Thignica, una sorta di “zona cuscinetto” o di passaggio, ci fa conoscere l’attaccamento dei Numidi alla loro piccola patria locale sul piano religioso ed istituzionale, col grande santuario del Saturno africano da cui provengono centinaia di iscrizioni di età imperiale; ma anche lo sguardo verso un orizzonte più largo che giungeva fino alla capitale.

L’articolazione in castella, pagi peregrinorum, pagi civium Romanorum, civitates autonome, municipia e colonie di cittadini romani che progressivamente si rendono autonome e provocano lo smantellamento della pertica sono fasi istituzionali che dovevano avere ricadute immediate sull’economia dei centri abitati, spesso riconosciuti dagli imperatori e negli editti del governatori della Proconsolare, con un progressivo adattamento alla realtà locale della originaria lex provinciae; quasi che non fosse scontata una semplice continuità nelle assegnazioni di terre ai coloni della pertica a ridosso dell’agro pubblico o dei subseciva periferici. Eppure Cartagine, la capitale della provincia, rappresentò comunque a lungo, anche per un centro dotato di un’apparente autonomia come Thignica, un ovvio termine di riferimento politico: il senato cartaginese fu aperto all’aristocrazia delle civitates autonome attraverso adlectiones ad personam.

Di Thuburbo Maius si ricostruiscono l’evoluzione istituzionale e i legami con Cartagine, partendo da un’analisi storiografica controversa, quella delle doppie comunità in uno stesso luogo (pagi, civitates, municipi, colonie): l’assetto istituzionale della città è in realtà lineare, con la promozione in epoca adrianea a municipium Aelium Hadrianum Augustum Thuburbo Maius e poi il passaggio a colonia durante il principato di Commodo, colonia Iulia Aurelia Commoda. Il modello della doppia comunità (suggerito dalla tardiva comparsa dell’epiteto Iulia) non ha un fondamento documentario; emerge invece la rilevanza della civitas, una vera realtà istituzionale con proprie magistrature e con il mantenimento dei sufetes sino alla costituzione del municipio; accanto si pone il problema del pagus civium Romanorum coesistente con la civitas. Come è noto Jacques Gascou supponeva che, sino alla costituzione del municipio, «la cité constituait un noyau indigène enclavé dans la pertica de Carthage», con ricchi cittadini cartaginesi proprietari fondiari nell’area di Thuburbo che coltivavano rapporti con la città e i suoi abitanti, pur continuando a esercitare magistrature e sacerdozi a Cartagine. La cospicua presenza di cittadini cartaginesi potrebbe in alternativa essere la conseguenza della ricchezza di quel territorio, ben servito da infrastrutture viarie, adatto a impianti fondiari e allo sviluppo economico: un significativo afflusso alla periferia della pertica Carthaginiensium può esser stato frutto di una mobilità temporanea, capace però di creare alleanze economiche e fors’anche politiche attraverso i sacerdozi e le magistrature locali, rivestite dai consistentes in qualità di evergeti.

A partire dal II secolo d.C. si svilupparono processi storico-istituzionali che portarono progressivamente allo smembramento della pertica Carthaginiensium. L’incremento delle promozioni municipali e coloniarie pose fine alla stagione di insediamenti quali i pagi e le civitates, portando all’ascesa dei ceti dirigenti municipali. La figura di mediazione o meglio di comunicazione con il potere centrale è rappresentata dal governatore della provincia, il proconsole coadiuvato dai suoi legati, i cui ruoli vengono indagati ad Uchi Maius e Thugga, le due cittadine poste al centro di questo volume (assieme a Thignica e Thuburbo Maius). Per quanto i pagi della pertica fossero apparentemente distanti dalla sfera di interessi del proconsole poiché non dotati di autonomia civica, in realtà dall’età di Traiano a quella dei Severi si assiste ad un impegno del proconsole indirizzato alla risoluzione di problemi posti dai notabili dei diversi pagi che presentavano istanze in favore della propria comunità. Gli interventi più significativi del proconsole nella fase cronologica analizzata riguardarono la difesa dell’integrità della pertica e, in rapporto ai pagi e alle civitates, la difesa dei loro diritti, come pure la promozione di alcuni pagi allo statuto coloniario. Vengono poi portati una serie di esempi significativi dell’intervento del proconsole nelle dispute territoriali tra civitates e privati cittadini (Anoubaritani e Iulius Regillus), e si cerca di ricostruire le informazioni note sulle organizzazioni locali a supporto dell’attività del governatore (il consilium degli Anoubaritani, gli advocati, i defensores e i patroni) sempre in difesa delle proprie comunità presso l’imperatore. Si coglie la volontà da parte dei proconsoli di ricorrere a personale locale per l’impossibilità dei magistrati cartaginesi di intervenire in dispute che riguardavano le comunità della pertica. Del resto il governatore interveniva anche nei casi in cui la colonia di Cartagine reagisse per la perdita di alcuni introiti che venivano incamerati ad esempio dal pagus e dalla civitas di Thugga, come quelli derivanti dallo ius capiendorum legatorum. In questo senso appare indicativa la dedica di Thugga a Commodo, quale conservator pagi. Tra i compiti del proconsole legati alla promozione municipale e allo sviluppo dei singoli centri, anche in termini di urbanistica, rientravano le supervisioni su opere pubbliche (ad es. l’acquedotto di Thugga che si originava dal fons Moccolitanus) ed edifici religiosi -ad es. l’aedes di Uchi Maius restaurata da M. Iunius Rufinus Sabinianus, su richiesta di un patrono del pagus; il restauro venne condotto con l’accordo e il controllo del proconsole e dei magistri pagi. Anche l’erezione e la dedica di statue agli imperatori rientrava nella sfera delle competenze del proconsole e per questa tematica vengono portati esempi provenienti da alcune civitates: la civitas Thibicaensis e la civitas Thuggensis con dediche rispettivamente dell’epoca di Traiano e Antonino Pio; emerge non solo il ruolo del proconsole nell’ambito di queste attività, ma soprattutto l’intento da parte delle comunità locali di guadagnare la benevolenza imperiale. Infine si discute del ruolo del proconsole nelle deduzioni coloniarie all’interno della pertica e vengono presentati gli esempi di Vaga e Uchi Maius, antichi pagi c.R. divenuti colonie senza passare attraverso la “fase intermedia” di municipia. In questo ambito, sebbene la promozione giuridica di una città fosse una prerogativa dell’imperatore, il proconsole e suoi legati presiedevano alle operazioni sul terreno attraverso le quali si realizzava una vera e propria deductio, partendo da una forma, una carta catastale.

Il diritto italico ottenuto da Cartagine in epoca severiana offre lo spunto per fare alcune considerazioni sul progressivo smembramento della pertica Carthaginiensium e sullo sviluppo degli antichi pagi c.R e delle civitates con l’incremento delle promozioni municipali e coloniarie. Si possono allora ribaltare le posizioni di quanti hanno ritenuto che la concessione del diritto italico alla metropoli africana sia stata una forma di ricompensa per la perdita degli introiti fiscali provenienti dai numerosi centri della pertica, soprattutto nell’area nord est a ridosso e oltre la Fossa regia, che avevano acquisito lo statuto di municipio o di colonia. Oggi si ritiene che il diritto italico concesso a Cartagine sia stato conseguenza della politica degli imperatori Settimio Severo (verso la patria Leptis Magna) e Caracalla, in contemporanea con la Consitutio Antoniniana e l’attribuzione della cittadinanza. Utica avrebbe ricevuto lo ius Italicum tra il 193 e il 217. Nessun risarcimento fu previsto per Cartagine ma è sottinteso il riconoscimento della sua floridezza economica e del ruolo politico e culturale nell’ambito dell’impero, come illustrato dal cartaginese Tertulliano nel De Pallio. Nell’epoca degli Antonini sino a quella dei Severi, infatti, le fonti storiche, archeologiche ed epigrafiche attestano a Cartagine la costruzione di grandi opere infrastrutturali cittadine: edifici di spettacolo, biblioteca, Terme. Una spinta in avanti nello sviluppo della città fu poi dato dai senatori romani originari di Cartagine, in verità non numerosi quelli attestati dalle fonti epigrafiche, sebbene il loro numero debba essersi incrementato grazie ai decurioni della curia cartaginese che, terminata la magistratura nella capitale provinciale, potevano accedere all’ordine equestre e all’ordine senatorio. È significativo l’atteggiamento assunto dai componenti del senato cartaginese di fronte all’emancipazione cittadina e finanziaria delle città della pertica: si rileva che l’atteggiamento fu di ostilità, dovuta anche al timore di perdere le summae honorariae, sebbene alcuni senatori dal III sec. d. C. diventassero curatori all’interno dei centri al di là della Fossa Regia. Vengono poi analizzate alcune costituzioni del Codice Teodosiano che si collegherebbero alla crisi strutturale del senato cartaginese tra il IV e il V secolo d. C. e si sottolinea il ruolo anche evergetico all’interno dei centri anticamente compresi nella pertica dei principales almae Karthaginis tra IV e V sec. d. C., che conosciamo attraverso le epigrafi scolpite sui gradini riservati dell’anfiteatro di Cartagine insieme a quelli di altri membri dell’élite cartaginese.

Si entra infine appieno nelle vicende del IV secolo riguardanti la diocesi d’Africa, l’amministrazione cartaginese e i suoi protagonisti: i governatori della provincia, i loro legati e i principales, una categoria dell’élite municipale impegnata nella quotidiana gestione cittadina. Il punto di partenza è rappresentato dall’epiteto Alma Karthago, che indicherebbe non già la colonia, ma il territorio della diocesi sotto la responsabilità del legato del proconsole. In questo senso viene riletto il dossier di documenti basso imperiali che supporterebbero tale proposta: la monumentale iscrizione delle terme di Antonino a Cartagine – per la quale viene proposta una nuova lettura del testo – messa in rapporto con quelle di Vallis, Castellum Biracsaccarensium e Abthugni; in questi documenti la sequenza legatus almae Karthaginis presente nei testi indicherebbe il legato della diocesi di Cartagine e non la colonia, che invero non viene mai citata nei testi epigrafici (ma non in quelli letterari) con l’appellativo alma. Accanto ad alma vengono indicati altri due epiteti, splendida e celsa, qualificanti anch’essi, in unione con il poleonimo Karthago, la diocesi.  Collegata al binomio Alma Karthago è anche la parte dedicata a chiarire chi fossero i principales dell’alma Karthago. Occorre andare oltre la tradizionale interpretazione dei principales alma Karthaginis come notabili privilegiati al di sopra dei semplici rappresentanti delle élites municipali; piuttosto essi andrebbero collegati alla diocesi di Cartagine, come facenti parte dell’organigramma dell’amministrazione provinciale diretta dal legato. I principales non avrebbero necessariamente dovuto essere originari di Cartagine poiché alcuni di loro provenivano da centri precedentemente situati nella pertica Carthaginiensium: nella capitale africana avrebbero esercitato il ruolo amministrativo continuando a svolgere un’azione di patronato presso i centri d’origine.

I ricchi e articolati contenuti all’interno dei singoli contributi di questo volume potranno contribuire a valorizzare un tema provinciale fin qui poco studiato, quello della pertica Carthaginiensium. In realtà al fondo di questa piccola intrapresa vi è non solo la volontà di promuovere tematiche che riteniamo importanti per la storia antica del Nord Africa ma vi è soprattutto il desiderio di far intravvedere in filigrana le vicende umane che emergono dalla storia, ad esempio le lotte tra coloni immigrati e nativi di Thugga, con questi ultimi che -acquisita la cittadinanza romana – devono combattere per mantenere la propria terra ed essere equiparati nei diritti ai nuovi arrivati. Dunque sono discussi temi con innumerevoli implicazioni, politiche, militari, fiscali, ambientali ante litteram, si pensi agli agri rudes della Lex Hadriana: sullo sfondo emergono le caratteristiche dell’immigrazione interna e mediterranea e della convivenza tra gli antichi abitatori di quelle terre e i nuovi arrivati romani. Temi che possono costituire un modello interpretativo non solo per il passato ma anche per il nostro turbolento presente.

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Sommaire
P. Ruggeri, Presentazione 
S. Aounallah, Introduction
M. Christol, Remarques sur le dossier épigraphique de Phileros : la carrière publique
A. Chérif – R. Smari, Approche cartographique du tracé de la Fossa Regia 
S. Mokni, Les Carthaginois hors de Carthage 
S. Aounallah – L. Maurin, Communes doubles et « communes mixtes » en Afrique proconsulaire : état de la question 
S. Aounallah, Thugga / Dougga (Tunisie), de la division à la liberté 
A. Mastino, Concordia o Discordia? Sintesi sulla storia istituzionale di Uchi Maius alla periferia della pertica di Cartagine attraverso le nuove scoperte 
P. Cuzel, Thuburbo Maius et Carthage sous le Haut-Empire
P. Ruggeri, Utraque pars ciuitatis Thignicensis 
R. Olmo-López, L’intervention du proconsul d’Afrique et des ses légats dans la pertica des Carthaginois, de Trajan aux Sévères
C. Hugoniot, La concession du droit italique à Carthage et le démantèlement de sa pertica 
L. Naddari, Alma Karthago
F. Hurlet, Conclusion: De la pertica des Carthaginois à l’histoire municipale de l’Afrique romaine